Passi trinitari ?


In questa pagina prenderò in esame sia dal punto di vista del contesto sia dal punto di vista grammaticale e logico alcuni passi delle scritture che vengono generalmente usati per sostenere la dottrina della trinità' e che il prof Anchieri portò alla mia attenzione:



TITO 2:13


Il prof scrive...


Lettera a Tito [2,13] : “…nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del grande Dio e salvatore nostro Gesù Cristo”


Il testo greco è: “τοῦ μεγὰλου θεοῦ καὶ σωτῆρος ἡμῶν Ἰησοῦ χριστοῦ” (leggi: “tu megàlu Theù kai sotéros emòn Iesù Christù”). “τοῦ” è l’articolo “del” (del grande Dio). L’articolo non si ripete davanti a σωτῆρος salvatore). Non si può pertanto tradurre “gloria del grande Dio e del salvatore nostro Gesù Cristo” come invece fa la Bibbia che usate voi. La coordinazione della congiunzione “e” non è tra “gloria del grande Dio e [gloria] del salvatore nostro Gesù Cristo; ma tra “grande Dio e salvatore nostro Gesù Cristo”.



Risposta


Per fare chiarezza sulla traduzione di questo versetto analizziamo contesto e regole grammaticali.


Contesto

 

Dal contesto si nota che Paolo anche se attribuisce sia a Dio che a Cristo lo stesso titolo , "salvatore" ( come e' giusto che sia perche' entrambi hanno cooperato nel riscattare l'umanita' : Gesu' ha ceduto la sua vita ma Dio ha ideato e permesso il gesto ) distingue le due persone. 


Questa distinzione la riscontriamo ad esempio in Tito : 


Tito 1:4 (CEI) : " ...grazia da Dio Padre e da Cristo Gesù , nostro salvatore" 


Tito 3:4 (CEI) : Quando però si sono manifestati la bontà di Dio , salvatore nostro , e il suo amore per gli uomini , egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute , ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, diffuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo , salvatore nostro.


E in altri scritti di Paolo :


2 Pietro 1:2 ( CEI )"grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro


2 Tessalonicesi 1:12 ( CEI ) "secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo


Efesini 5:5 (CEI) "Nessun fornicatore , o impuro ... avra' parte al regno di Cristo e di Dio


2 Tessalonicesi 1:12 (NM) :affinché il nome del nostro Signore Gesù sia glorificato in voi, e voi uniti a lui, secondo l’immeritata benignità del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.


1 Timoteo 5:21(NM) "dinanzi a Dio e a Cristo Gesù".


1 Timoteo 6:13 (NM) :"Dinanzi a Dio, che conserva in vita tutte le cose, e a Cristo Gesù"


2 Timoteo 4:1 (NM) : "Ti ordino solennemente dinanzi a Dio e a Cristo Gesù."


Quindi Paolo aveva l'abitudine di associare Dio e Cristo nelle sue frasi esortative ma al tempo stesso di distinguerli con la congiunzione "e" .


Questo sarebbe già abbastanza per capire che anche in Tito 2:13 Paolo stesse associando e al tempo stesso distinguendo Dio e Cristo come era solito esprimersi e che in questo caso avesse semplicemente sottinteso l'inserimento della preposizione articolata "del" davanti a "Salvatore" . 


Chi obietta contro questo inserimento sostiene che in questo modo si sta violando la regola grammaticale di Granville Sharp in base alla quale se un articolo non è ripetuto davanti al secondo nome , i due nomi si riferiscono alla stessa persona o soggetto.


Regola inviolabile?


Come chi sostiene l'evoluzione da' ad intendere che certe argomentazioni siano assolutamente inoppugnabili , così chi sostiene la trinità sembra dare ad intendere che la regola di Sharp sia univocabilmente incontestabile . Pertanto sentenzia con una certa perentorieta' contro una traduzione che considera falsa o forzata. Comunque come è risultato vero in altri casi , e da notare che anche in questo caso siamo nell'ambito dell'arbitrarietà e dell'interpretazione umana, altrimenti non si solleverebbero opinioni e posizioni contrarie a tale regola , cosa che , invece , accade puntualmente e che spinge diversi traduttori a rendere il versetto in modo simile a come lo traduciamo noi e , quindi , tenendo conto di come solitamente Paolo si esprimeva.


Ma ecco alcune posizioni e opinioni contrarie alla rigidita' nell' applicazione della regola di Sharp:


“Nessuno mette in dubbio che potrebbe significare ciò che essi dicono secondo la loro interpretazione”, ma aggiunge che bisogna piuttosto determinare ‘cosa significano effettivamente quelle parole’. - dott. Henry Alford (in The Greek Testament, Vol. III) 


“La ripetizione dell’articolo non era strettamente necessaria per indicare che i due nomi andavano considerati separatamente”. (A Grammar of New Testament Greek, di Moulton-Turner, 1963)


“Purtroppo non possiamo essere certi che nel greco di quel periodo questa regola sia effettivamente valida”. dott. Nigel Turner (Grammatical Insights into the New Testament, 1965) 


"Probabilmente non sarà mai possibile, né per la letteratura profana né per il Nuovo Testamento, ridurre tutto a rigide norme che non abbiano eccezioni, . . .”. prof. Alexander Buttmann ( A Grammar of the New Testament Greek.)


“L’argomento grammaticale . . . è troppo debole per essere determinante, specialmente se si tiene conto non solo della comune assenza dell’articolo in queste epistole, ma anche della sua omissione davanti a” ‘Salvatore’ in I Timoteo 1:1 e 4:10. Inoltre il dott. Alford fa notare che in altri versetti in cui Paolo usa espressioni come “Dio nostro Salvatore” chiaramente non si riferisce a Gesù, in quanto “il Padre e il Figlio sono inconfondibilmente distinti l’uno dall’altro”. (I Tim. 1:1; 2:3-5) - dott. N. J. D. White (The Expositor’s Greek Testament)


" [il senso] del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo . . . è possibile nella κοινή [koinè] greca anche senza la ripetizione [dell’articolo determinativo]”.An Idiom Book of New Testament Greek, di C. F. D. Moule, Cambridge (Inghilterra) 1971, p. 109


Versioni diverse


Ed ecco di conseguenza traduzioni del versetto che tengono conto dell'abituale modo di esprimersi di Paolo e della non giustificata rigidità dell'applicazione della regola di Sharp :


1934 “del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù” The Riverside New Testament, Boston e New York.


1935 “del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù” A New Translation of the Bible, di James Moffatt, New York e Londra.


1957 “del grande Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo” La Sainte Bible, di Louis Segond, Parigi.


1960 “del grande Iddio e del Salvatore nostro Gesù Cristo” La Bibbia, di Fulvio Nardoni, Firenze.


1970 “del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù” The New American Bible, New York e Londra.


1972 “del grande Dio e di Cristo Gesù nostro salvatore” The New Testament inModern English, di J.B. Phillips, New York


Conclusione

 

Chiudo l'argomento con alcuni commenti tratti da uno studio dettagliato sulla costruzione di Tit 2:13 che si trovano in The Authorship of the Fourth Gospel and Other Critical Essays, di Ezra Abbot, Boston, 1888 a p. 452:

 

“Prendete un esempio dal Nuovo Testamento. In Matt. xxi. 12 leggiamo che Gesù ‘scacciò tutti quelli che vendevano e compravano nel tempio’, τοὺς πωλου̃ντας καὶ ἀγοράζοντας [tous poloùntas kai agoràzontas]. Nessuno può ragionevolmente supporre che qui siano descritte le stesse persone nell’atto di vendere e di comprare contemporaneamente. In Marco le due categorie sono distinte dall’inserzione di τούς davanti ad ἀγοράζοντας; qui è tranquillamente lasciato all’intelligenza del lettore distinguerle. Nel caso in questione [Tit 2:13], l’omissione dell’articolo davanti a σωτη̃ρος [sotèros] mi sembra non presenti difficoltà, non perché σωτη̃ρος sia sufficientemente determinato dall’aggiunta di ἡμω̃ν [hemòn] (Winer), poiché, dal momento che sia Dio che Cristo sono spesso chiamati “nostro Salvatore”, ἡ δόξα του̃ μεγάλου θεου̃ καὶ σωτη̃ρος ἡμω̃ν [he dòxa tou megàlou Theoù kai sotèros hemòn], se stesse da solo, si intenderebbe nel modo più naturale come riferito a un solo soggetto, cioè Dio, il Padre; ma l’aggiunta di ’Ιησου̃ Χριστου̃ [Iesoù Christoù] a σωτη̃ρος ἡμω̃ν [sotèros hemòn] cambia interamente la cosa, limitando σωτη̃ρος ἡμω̃ν a una persona o essere che, secondo il consueto uso della lingua che fa Paolo, è distinto dalla persona o essere che egli designa come ὁ θεός [ho Theòs], di modo che non c’era bisogno della ripetizione dell’articolo per evitare ambiguità. Così in 2 Tess. i. 12, l’espressione κατὰ τὴν χάριν του̃ θεου̃ ἡμω̃ν καὶ κυρίου [katà ten chàrin tou Theoù hemòn kai kyrìou] sarebbe naturalmente intesa come riferita a un solo soggetto, e ci vorrebbe l’articolo davanti a κυρίου se se ne intendessero due; ma la semplice aggiunta di ’Ιησου̃ Χριστου̃ [Iesoù Christoù] a κυρίου [kyrìou] rende chiaro il riferimento ai due distinti soggetti senza l’inserzione dell’articolo”



GIOVANNI 5:20


Il prof scrive...


“Prima lettera di Giovanni [5,20] : 


“Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: questi è il vero Dio e la vita eterna.”


Come in italiano, anche il greco ha due pronomi dimostrativi; “οὗτος - outos” corrisponde al nostro “questo”; “ἐκείνος - ekeinos” corrisponde al nostro “quello”; in greco molto più frequentemente che in italiano sono riferiti a persone; nel passo citato Giovanni usa “outos” = questi, e si riferisce al termine più vicino (Gesù Cristo). Avesse voluto riferirsi a Dio, il termine più lontano, avrebbe usato “ekéinos”. Quindi Gesù Cristo è il vero Dio e la vita eterna. Anche questa è una semplice regola di grammatica greca.


Risposta


Una regola che non tutti considerano come rigida e universale e che , nel caso in questione non applicano tenendo conto del significato del contesto e degli altri casi scritturali in cui non potrebbe mai essere applicata con senso.


Opinioni


Ecco alcune opinioni al riguardo:


Un testo di filologia neotestamentaria afferma:

 

“[Hoùtos]: in quanto punto culminante dei [versetti]18-20 il [riferimento] è quasi certamente a Dio il reale, il vero, [in opposizione] al paganesimo (versetto 21)”.


Brooke F. Westcott, studioso della Cambridge University, scrisse:


“Il riferimento più ovvio [del pronome hoùtos] è non al nome più vicino, ma a quello più importante nella mente dell’apostolo”.


Il teologo tedesco Erich Haupt scrisse:


“Va stabilito se [l’hoùtos] della frase successiva si riferisce al nome immediatamente precedente . . . o a Dio, più distante e antecedente. . . . Un rimando all’unico vero Dio sembra più pertinente all’avvertimento finale contro gli idoli rispetto ad una dimostrazione della divinità di Cristo”.


Sostenere che il pronome dimostrativo “questi” (hoùtos) si deve riferire per forza al sostantivo che lo precede immediatamente, Gesù Cristo , è una forzatura interpretativa in chiave trinitaria


Esempi scritturali

 

Ed ecco alcuni casi scritturali nei quali houtos si riferisce all'antecedente più lontano:



2 Giovanni 7 : “Sono usciti molti ingannatori, persone che non confessano Gesù Cristo venuto nella carne. Questi [hoùtos] è l’ingannatore e l’anticristo”. (Houtos riferito agli ingannatori,[antecedente lontano])


Giovanni 1:40, 41 : "Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito ciò che aveva detto Giovanni e avevano seguito Gesù. Prima questi [hoùtos] trovò il proprio fratello, Simone”. (Houtos riferito ad Andrea [antecedente lontano])

 

1 Giovanni 2:22 :"Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Questi è l’anticristo, colui che nega il Padre e il Figlio.”(Houtos riferito a bugiardo [antecedente lontano])


Atti 4:10, 11: “Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi metteste al palo ma che Dio ha destato dai morti, mediante lui quest’uomo sta sano qui davanti a voi. Questa [hoùtos] è ‘la pietra, che è stata da voi edificatori considerata di nessun conto, la quale è divenuta la testa dell’angolo’” (Houtos riferito a Gesù [antecedente lontano])


Atti 7:18, 19 “Sorse sull’Egitto un re diverso, che non conosceva Giuseppe. Questi [hoùtos] usò astuzia di governo contro la nostra razza”.Houtos riferito al re d'Egitto [antecedente lontano]


Tali brani confermano un'osservazione fatta dal grecista Daniel Wallace per il quale, nel caso dei dimostrativi greci, “ciò che può essere l’antecedente più vicino dal punto di vista del contesto può non essere l’antecedente più vicino nella mente dell’autore”.


Chiuso l'argomento grammaticale considero ora i titoli contenuti nel versetto 


Il “Vero Dio ” e la "vita eterna"


Questi titoli identificano Gesù o Dio ?


Risposta : si potrebbero applicare ad entrambi perché anche Gesu' è un essere divino e lui stesso si definì "la verita" e "la vita" ma in questo caso compatibilmente all' intendimento del verso si applicano a Dio. 


Prima di vedere il perché facciamo un utile premessa:


Gesù è l' immagine del Padre e opera talmente in simbiosi con lui che e' come se fosse una cosa sola col Padre . Questa frase non sia vista come un ' ammissione della trinita' ma come la constatazione biblica della straordinaria unita' d'intenti esistente tra loro. ,constatazione che spiega perche' nella Bibbia diversi titoli attribuiti a Dio sono di riflesso attrubuiti anche a Gesu'. 


Ora vediamo perche' i titoli "Vero Dio" e "vita eterna" li possiamo applicare a Dio


Il "vero Dio"


Già il senso logico della costruzione della frase identifica il "vero Dio" in modo distinto dal "figlio di Dio" 


Rileggiamo infatti:


"il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo..."


Altre ragioni per applicare i titoli primariamente e legittimamente a Dio: 


Dio:


È il Creatore . “C’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose”. (1 Corinti 8:6; Isaia 42:8)


Vero


È la Fonte della verità.: Il salmista chiamò Geova “Dio di verità”, perché è fedele in tutto ciò che fa e perché non può mentire. (Salmo 31:5; Esodo 34:6; Tito 1:2) e riferendosi al suo Padre celeste, il Figlio disse: “La tua parola è verità”.


La "vita eterna”.


È la Fonte della vita, Colui che la elargisce come dono immeritato mediante Cristo:


(Salmo 36:9) Poiché presso di te è la fonte della vita; Mediante la luce che viene da te noi possiamo vedere la luce. 


(Romani 6:23) Poiché il salario che il peccato paga è la morte, ma il dono che dà Dio è la vita eterna mediante Cristo Gesù nostro Signore.


Riferimenti : B. F. Westcott, The Epistles of St John, WM. B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1952, p. 196.

E. Haupt, The First Epistle of St. John, T. & T. Clark, Edimburgo, 1879, pp. 343-4.

M. Zerwick, M. Grosvenor, A Grammatical Analysis of the Greek New Testament, Biblical Institute Press, Roma, 1981, p. 733.

D. B. Wallace, Greek Grammar Beyond the Basics, Zondervan Publishing House, Grand Rapids, (USA), 1996, pp. 325-6.




COLOSSESI 2:9


Il prof scrive...


Non si può usare una lingua al di fuori della cultura che l’ha generata e prescindendo dalla cultura che quella lingua esprime perché la lingua (qualunque lingua) non è un puro fatto tecnico; né è un puro fatto tecnico una traduzione. Ricordo una lezione di linguistica all’università: il termine “wald” (= bosco in tedesco) non corrisponde pienamente al termine “bosque” (= bosco in spagnolo). Alla base di ciascun termine sta innanzitutto l’ambiente fisico del bosco, diverso nelle due regioni; ma sta anche il substrato letterario che in cui quel termine è stato usato. Pertanto anche se i due termini (wald e bosque) si corrispondono e sono tradotti l’uno per l’altro, in un tedesco e in uno spagnolo suscitano idee che non coincidono perfettamente.


Fatta questa premessa, esamino un versetto di Paolo:


Lettera ai Colossesi [2,8-10]: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. E` in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà”. (“ὅτι ἐν αὐτῷ κατοικεῖ πᾶν τὸ πλήρωμα τῆς θεότητος σωματικῶς”) (leggi: pan to pléroma tes

theòtetos) = Tutta la pienezza della divinità.


Il termine “theòtes” sul vocabolario del “Rocci” (il vocabolario più in uso nei licei classici dove si studia greco) è tradotto con “divinità, natura divina” e cita gli autori Plutarco (in Moralia) e Luciano (in Dialogi Marini e Anacharsis)


Sul vocabolario del “Gemoll” è tradotto “divinità, l’essere Dio”. Non sono citati autori. Analogamente “ανθροπότης” (leggi “anthropotes”) significa natura umana; “θηριότης” (leggi

“theriotes”) significa natura animale.


La vostra Bibbia traduce “qualità di Dio” se ricordo bene.


Oltre al fatto che l’espressione non si trova sui vocabolari di greco, è da precisare che i due termini “essenza di Dio” e “qualità di Dio” nella cultura greca e quindi nella lingua greca del primo secolo d. C. non si equivalgono e non possono essere usati uno per l’altro: nella filosofia aristotelica l’essenza appartiene alla categoria della “sostanza”, le qualità appartengono alla categoria dei cosiddetti “accidenti”. 


Non vado oltre nella spiegazione perché si entrerebbe in un trattato di filosofia greca, e non è proprio il caso.


Quando S. Paolo usa il termine θεότητος lo usa nel significato che aveva al suo tempo e nel significato che la cultura greca gli aveva conferito: essenza di Dio. Per poterlo tradurre con “qualità”, dovrebbe essere stato usato con questo significato da autori greci. Potresti citarmeli?


Risposta


La Pescitta siriaca e la Vulgata latina rendono questa parola “divinità”. 


Noi traduciamo così questo verso:


“...in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della qualità divina


Comunque nella nota in calce a Colossesi 2:9 viene precisato che il termine theòtetos si dovrebbe letteralmente tradurre "divinità" dimostrando cosi' di non voler nascondere nulla.


La scelta di tradurre theòtetos con "qualita' divina" nasce più dall'analisi del contesto scritturale di Colossesi che dalla constatazione del modo in cui era inteso theòtetos nel mondo greco. Perche'?


Perche' i traduttori NM danno piu' peso al contesto scritturale che al contesto storico-culturale in una scelta traduttiva o interpretativa. I traduttori avrebbero anche potuto inserire nel testo principale la parola "divinita'" ma hanno ritenuto che la parola avrebbe potuto essere confusa e non dare un senso attinente al contesto. In altri casi , invece , come in Atti 17:29 hanno tradotto un termine affine a theòtetos in un modo piu' aderente al pensiero greco perche' il contesto della circostanza e il contesto grammaticale sostenevano questa scelta.


Ad esempio in Atti 17:29 Paolo si trova ad Atene e spiega che non è logico immaginare che… “l’Essere Divino [to thèion, forma sostantivata di thèios] sia simile all’oro o all’argento o alla pietra”


Il Vocabolario greco-italiano di L. Rocci (p. 872) che lei mi ha gia' citato dà fra i significati di to thèion = “divinità; natura, essere divino”.


A parte la differenza di luogo , circostanza e interlocutori tra Atti e Colossesi il contesto di Atti evidenzia chiaramente che si sta parlando della persona di Dio, e quindi la Traduzione del Nuovo Mondo rende l’espressione “l’Essere Divino”. compatibilmente con l' accezione del Rocci.


Estrapolare una parola e intenderla esclusivamente secondo la cultura greca equivale ad anteporre i pensatori greci alla Bibbia così che quando si incontra una parola che veniva da loro usata e intesa con un certo significato ( ma che non ha attinenza con il senso del ragionamento che viene sviluppato ) , la si pone come base per sostenere una dottrina piuttosto che ipotizzare o cercare un ulteriore significato che si armonizzi con il contesto


Contesto


Da Colossesi 2:8 si nota che Paolo avvertitiva i colossesi di non lasciarsi sviare da coloro che propugnavano filosofie giudaizzanti e tradizioni umane :


“State attenti che qualcuno non vi porti via come sua preda per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo e non secondo Cristo"


Paolo in qualche versetto prima disse anche che..


“attentamente occultati in [Cristo] sono tutti i tesori della sapienza e della conoscenza”, (Col 2:3)


ed esorta a continuare ..


“a camminare unitamente a lui, radicati ed edificati in lui e resi stabili nella fede”. (Col 2:6, 7)


I versetti da 13 a 15 spiegano che i cristiani sono resi viventi mediante la fede, non essendo più sotto il patto della Legge.


L’argomento di Paolo, dunque , non era affatto quello di sottolineare la natura o la sostanza di Dio , ma indicare che i cristiani non avevano più bisogno della Legge per ottenere la salvezza . Avevano tutto ciò che occorreva, una preziosa “pienezza”, in Cristo. — Col 2:10-12.


In sintesi quindi stava dicendo:

 

State attenti alla filosofia perche' e' in lui , Cristo ( e non nella legge ) , che dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità”


Che senso avrebbe avuto parlare di pienezza di divinita' ( intesa nel senso di "sostanza divina" ) per fornire queste motivazioni? 


Non' è ammissibile prendere la parola theotetos e strumentalizzarla sulla base di come veniva intesa nel mondo greco per sostenere la condivisione da parte di Cristo della stessa sostanza con il padre. Non è quello di cui Paolo stava ragionando. 


Quindi la traduzione del nuovo mondo traduce il versetto in base al contesto delle parole di Paolo anche se in calce indica quale sarebbe la traduzione letterale. Questo indica che non’è sempre possibile tradurre ogni passo delle scritture in modo letterale .


Detto questo sono d’accordo con la sua frase : 


“Non si può usare una lingua al di fuori della cultura che l’ha generata e prescindendo dalla cultura che quella lingua esprime perché la lingua (qualunque lingua) non è un puro fatto tecnico; né è un puro fatto tecnico una traduzione.”


Comunque non si può nemmeno dare così importanza al contesto culturale dell’epoca da ignorare il contesto scritturale e il retaggio culturale degli scrittori , contesto , cultura e retaggio dai connotati di predominanza ebraica più che greco-romana sia nel caso della mente e degli scritti di Paolo sia nel caso della mente e degli scritti di Giovanni , retaggio probabilmente poco considerato nel mondo della poesia e letteratura greca ma che poteva benissimo allargare le accezioni di significato di diverse parole che invece nel mondo filosofico greco venivano usate in un solo modo. 


Possono sembrare ipotesi ma se incontriamo un termine che letto tenendo solo conto del significato che aveva nel mondo greco e riscontriamo che non ha senso nel contesto di un ragionamento scritturale è forzato ritenere o ricordare che oltre alla cultura greca esisteva anche una cultura ebraica la quale dava con tutta probabilità al termine una connotazione diversa esattamente come bosque e wald suscitano idee che non coincidono perfettamente in uno spagnolo e in un tedesco ? Gli Ebrei parlavano il greco e scrivevano in greco ma perché ritenere che la cultura greca eclissasse completamente quella ebraica così che un termine che incontriamo nelle scritture debba essere tradotto solo ed esclusivamente secondo il significato che gli attribuivano gli autori greci non prendendo nemmeno in considerazione che gli Ebrei potevano dargli un senso meno influenzato dalle categorie filosofiche di Aristotele di quanto pensiamo noi ? Era ebreo Aristotele ? Era ebreo Plutarco ? Platone ? Tutti greci e noi ci basiamo sui loro scritti per intendere le scritture. Paolo era greco ? o era ebreo ? Pensava in termini filosofici e utilizzava i termini greci esclusivamente secondo il significato che i filosofi gli davano o aveva una cultura ebraica e utilizzava i termini anche secondo il significato che gli avrebbe potuto dare la cultura ebraica di quel tempo ? E chi può dire che theotetos nella cultura ebraica era inteso solo in termini filosofici greci ? Il contesto e il ragionamento di Paolo ai colossesi porta piuttosto a ritenere che l'accezione del termine poteva avere un senso con una sfumatura diversa . Non si può non notare il senso del contesto e non desumere l' esistenza di un significato diverso di theotetos rispetto a come sarebbe stato inteso da Aristotele o Plutarco .Certe cose non si vedono ma se ne comprende l' esistenza osservandone altre . Ad esempio un astronomo discerne l'esistenza di un pianeta dall'interferenza orbitale della stella madre. Allo stesso modo si puo' discernere un significato ulteriore di una parola il cui significato e' palese dai testi greci dal significato del contesto cosi' che cio' che non si vede si puo' dedurre da un altra cosa che si vede


In questo caso i traduttori della traduzione del nuovo mondo hanno tradotto il termine secondo la logica del ragionamento di Paolo. Potevano tradurlo "divinità" e non sbagliavano ma ritenendo che tale parola potesse essere intesa nel senso filosofico di "sostanza divina" hanno optato per una parola che secondo loro esprimeva il senso di ciò che Paolo aveva in mente in base a come il contesto suggerisce , ossia : "qualità divina" anche se il termine "qualità" va contro le categorie filosofiche aristoteliche . 


Non parlo di interscambiabilità' del termine ma di diversa accezione.Per esempio un termine affine a theotetos e tradotto "divinita'" viene usato in Romani 1:20 ed è inserito in un contesto in cui Paolo esorta ad osservare le qualità divine e la qualita' dell'essere Dio manifestate nella creazione : 


"Le sue invisibili qualità....la sua sempiterna potenza e divinità.... si comprendono dalle cose fatte..." 


Un altro esempio biblico lo possiamo fare riguardo la parola 'amore' . 


"Amore" e' una parola che nella Bibbia viene definita' sia come qualita' sia come essenza. La possiamo inserire nella categoria delle qualita' nel caso in cui Gesu' disse : "Nessuno HA amore piu' grande di questo..." ma la possiamo anche inserire nella categoria della sostanza nella scrittura di 1 Giovanni 4:8 dove si legge : "Dio È amore" Secondo Giovanni , Dio e' l' ESSENZA dell'amore o l'amore è l' ESSENZA di Dio ma l'amore è anche una qualita' che si può possedere o non possedere e in grado e misura diversi (Nessuno HA amore più grande...)


Mi ripeto ancora : 


Paolo non voleva dire che in Cristo dimorasse Dio o la sostanza di Dio ma intendeva dire che Cristo era il riferimento massimo per i Cristiani , che solo in lui potevano trovare tutto ciò che occorreva per avvicinarsi alla divinità. In lui si poteva trovare il massimo esempio di divinità , ma divinità non nel senso di sostanza , piuttosto nel senso di spiritualità, di amore.


Questa presa di posizione nella scelta traduttiva si basa non solo sul fatto che Paolo stava dicendo un altra cosa ma anche sulla constatazione che il concetto neoplatonico di sostanza e' estraneo alle scritture.


Questo fatto e confermato dall' l’Encyclopædia Britannica :


“La teologia cristiana assunse la metafisica [filosofia] neoplatonica della sostanza e la sua dottrina delle ipostasi [essenza o natura ] come punto di partenza per interpretare la relazione tra ‘Padre’ e ‘Figlio' ..Fin dall’inizio la controversia tra le due fazioni [a Nicea] ebbe luogo sulla base comune del concetto neoplatonico di sostanza, concetto estraneo al Nuovo Testamento in sé. Non c’è da stupirsi che il proseguimento della disputa, basandosi sulla metafisica della sostanza, abbia condotto in modo simile a concetti che non trovano fondamento nel Nuovo Testamento


Matteo 2,5-11: "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino disse al paralitico alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua»".


Il prof commenta...


In tutte queste affermazioni Gesù si presenta alla stregua di Dio. In un episodio si ha addirittura l’affermazione di uguaglianza con Dio: nella facoltà di "perdonare i peccati", non in nome di Dio, ma di sua propria autorità. Qui Gesù non si spinge solo alle nubi del Cielo, alla destra di Dio, ma penetra fin nel cuore di Dio. Gesù ha la consapevolezza di essere una cosa sola con Dio. Egli sta là, dove per la fede giudaica sta l'unico Dio, lo stesso Jawhé. La coscienza e la consapevolezza di Gesù affonda le sue radici in un "io", che è "Dio". Per la sua coscienza Jawhé e il suo "io" sono lo stesso ed unico Dio. E' l'unità di Gesù col Verbo stesso di Dio:


Risposta


Dio ha delegato a Gesu' l'autorita' sugli esseri umani.


Matteo 28:18 dice : 


" Ogni autorita' mi e' stata data in cielo e sulla terra" 


L’autorità che è stata da Dio concessa a Gesù include la facoltà di perdonare i peccati .


Questo non dimostra che Gesù è Dio.


"Il figlio non può fare una sola cosa di propria iniziativa"


Giovanni 5: 18


I Giudei “… cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma anche chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.”


Risposta


Questa accusa : “ si faceva uguale a Dio” va presa come una prova di questa uguaglianza di identità ?


No.


Giovanni riporta semplicemente i fatti.


I fatti erano non che Gesù dicesse di essere uguale al Padre ma che loro dicevano questo. 


Secondo loro ( non secondo Giovanni , né secondo Gesù ) non solo Gesù si faceva uguale al Padre ma anche violava il sabato.


I giudei erano falsi accusatori. Non si possono prendere le loro parole come una conferma che Gesù dicesse di essere Dio stesso. Mentre nei punti in cui Giovanni riporta le parole di Gesù stesso la distinguibilità tra lui e suo Padre è chiara:


(Giovanni 14:28) …. il Padre è maggiore di me.(parola di Cristo non dei giudei)


(Giovanni 10:36) … ho detto: Sono Figlio di Dio..(parola di Cristo non dei giudei)